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SI E’ TUTTI PARTE DI UNA GRANDE FAMIGLIA

TESTIMONIANZA DI MARIANNA VOLONTARIA NELLO SLUM DI SOWETO IN KENYA

Raccogliere in una sola pagina tutto quello che ho vissuto e provato in cinque settimane non è affatto semplice. Anzi, è davvero difficile ma, ci proverò. Sono arrivata a Nairobi di sabato, Angelo e Matilde mi aspettavano nel piccolo bar dell’aeroporto, saliamo in macchina e ci dirigiamo verso Soweto. L’impatto con il contesto intorno a me è stato molto forte quanto strano, mi limitavo a guardarmi intorno, ad osservare quello che mi circondava senza commentare. Guardavo e lasciavo a me stessa la piena libertà di sentire, dalla prima all’ultima emozione che potesse attraversarmi in quel momento (è poi stato cosi per tutto il resto della permanenza).

Il tempo di sistemare le mie cose, conoscere meglio Angelo e Matilde, e in un attimo mi trovo circondata dagli street children la domenica mattina, prima per la messa a Soweto poi per strada, a Ghiturai 44. I loro sorrisi mi hanno travolta fin da subito. Scorgere da lontano facce sorridenti, in un ambiente come quello della strada, è davvero una gioia infinita. Ridono, scherzano, si sono subito presentati e non hanno esitato a prendermi in giro per la “peluria” nelle braccia, e non solo (cosa che hanno portato avanti fino alla mia partenza). A questo piccolo momento di accoglienza ne sono seguiti tanti altri.

Con i bambini dell’asilo Karibuni Watoto, che mi hanno accolta con un coro di “ciao!ciao!ciao”ciao!”; con le maestre; con le mamme del pmtct (progetto Mamma Bambino) e quelle della disabilità; senza dimenticare tutte le persone di marengeta che per un poco di farina ti riempiono di ringraziamenti, abbracci e tanti, tanti sorrisi. Ecco, proprio il sorriso, la gioia, che si legge nei volti delle persone e dei bambini che ho conosciuto o anche solo incontrato, mi ha lasciata senza parole fin da subito. Condizioni di vita e contesto sociale che qui da noi il sorriso lo toglierebbero a chiunque, li no. Tutto ha un significato e tutto viene accolto con tranquillità, gioia e speranza.

“Habariaku” “Mzuli”, “Sassa” “Poa”. Questi modi utilizzati dagli adulti e dai bambini per salutarsi, mi hanno subito colpita. Tutti salutano tutti, e tutti rispondono, grandi e piccoli, che ci si conosca o no, ci si saluta tutti!. A Soweto si è tutti parte di una grande famiglia, di una comunità e ci si prende cura gli uni degli altri. Ci sono aspetti della vita in baraccopoli che neanche immaginiamo, nonostante la povertà, le lamiere, la discarica a cielo aperto, c’è un senso di fratellanza unico e molto forte che unisce tutte le persone che ci vivono. È come stare in un’unica grande famiglia. È proprio questa grande famiglia che mi ha fatto crescere, che mi ha insegnato, che mi ha aiutato a capire e in cui io mi sono voluta mettere in gioco con tutta me stessa.

Una delle scene più belle alle quali ho assistito appena arrivata, è stata durante il pranzo. Nel compound, si pranza insieme agli Special Children sotto al gazebo e in cerchio. I ragazzi aiutano la cuoca a distribuire i piatti. I primi ad essere serviti sono i più piccoli e poi tutti gli altri. Vedere come tra fratelli e non solo, si dividono le dosi del pasto è stato bellissimo. Assistere al fratello maggiore che si toglie dal piatto il pezzo più buono per darlo al fratellino è qualcosa di indescrivibile. Non è una scena mai vista, o inimmaginabile, ripensandoci è una cosa normale, ma vederla fare tra bambini di sette e cinque anni, di loro spontanea volontà e senza capricci (come potrebbe accadere qui) è fantastico.

Lo spirito di solidarietà accompagna le loro giornate, sono ragazzi svegli, intelligenti, con una marcia in più. Questa è solo una delle tante cose che mi sono rimaste nel cuore, e nella memoria, ma come ho scritto sopra, scriverle tutte è impossibile. Concludo dicendo che il momento della partenza è stato triste, perché stavo lasciando una terra e delle persone speciali che hanno dato a me molto di più di quello che io posso aver lasciato a loro.  Grazie di cuore!
Marianna Pigliapoco, volontaria a Soweto in Kenya (novembre-dicembre 2015)

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