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Articolo di Valentina volontaria in servizio civile in Kenya

Habari yako!

Come ti chiami? Mi chiamo Jackline Wambere, ho 35 anni e qui tutti mi chiamano mamma Promise.

Qui dove?  In Call Africa, l’organizzazione in cui lavoro

Da quanti anni lavori qui? Ormai sono ben 4 anni.

Come hai conosciuto CALL AFRICA? Attraverso la fisioterapista del centro di disabilità dell’associazione, incontrata in un ospedale.

Chi è Promise?  Promise è mio figlio. Ha 7 anni ed è un bambino speciale.

Cosa intendi per bambino speciale? Un bambino con bisogni speciali, un bambino con disabilità.

Quando hai scoperto che Promise sarebbe stato un bambino speciale? Sin da quando è nato. Ha avuto molti problemi alla nascita. Era sempre malato ed eravamo sempre in ospedale. In uno di questi ospedali ho incontrato Stella, la fisioterapista.

Quando hai accettato la disabilità di Promise? Quando aveva sei mesi.

Hai mai ricevuto supporto dalla tua famiglia? No, purtroppo mai.

E dalla comunità? No mai.

Come Call Africa riesce ad aiutarti e a starti vicino? Call Africa mi aiuta in tante cose: lavoro e la terapia per mio figlio nell’ambito del progetto Disability del centro Shalom.

Riesci a descrivere con una parola cosa era la disabilità per te prima di avere un bambino speciale? Non sapevo cosa fosse, non avevo nessuna idea in merito. 

Pensi che lo stigma sulla disabilità sia diminuito nella tua comunità? No. Molte persone non conoscono cosa è la disabilità, non hanno informazione sull’argomento e questo è il vero problema.

Asante sana!


 

Habari yako!

Come ti chiami? Io mi chiamo mamma Patrick.

Da dove vieni? Dalla baraccopoli di Soweto.

Dove lavori? Come mamma Promise lavoro in Call Africa.

Da quanto tempo lavori qui? Sono sette anni.

Come sei venuta a conoscenza di questa organizzazione? Attraverso la comunità di Soweto e attraverso la Comunità Papa Giovanni XXIII.

Quanti figli hai? Due. Una bambina e un bambino speciale che adesso non c’è più, Patrick.

Puoi spiegarmi meglio chi è Patrick e cosa è successo? Patrick è stato il mio bambino speciale, era un bambino disabile che l’anno scorso ha deciso di andare. È deceduto.

A che età sei rimasta incinta di Patrick? Avevo 17 anni.

Come sei venuta a conoscenza della disabilità di Patrick? Sin da piccolo non era in grado di stare seduto, aveva debolezza nel collo e non riusciva con le manine a tenere le cose.

A che età hai accettato la disabilità? Quando Patrick aveva 12 anni.

La tua famiglia ti ha mai supportata? E la comunità? L’unico aiuto ricevuto è stato dalla Comunità papa Giovanni e da Call Africa.

Che tipo di aiuto hai ricevuto da Call Africa? Supporto nutrizionale, fisioterapia e attualmente lavoro qui.

Avevi idea di cosa significasse bambino con bisogni speciali prima di Patrick? No. Non immaginavo nemmeno.

Cosa diresti a tuo figlio adesso se fosse qui? Gli direi che è sempre qui con me. Che non è mai andato via.

Pensi che nella tua comunità lo stigma della disabilità sia diminuito? No. Le persone qui non hanno conoscenza a riguardo.


Habari yako!

Come ti chiami? Io mi chiamo Winnie.

Da dove vieni? Dallo slum di Soweto in cui Call Africa lavora da anni.

Cosa fai in Call Africa? Lavoro come cuoca nell’asilo Karibuni Watoto.

Da quanti anni lavori qui? Nove anni.

Cosa hai in comune con le atre due tue colleghe? Anche io sono mamma di un bambino speciale.

Come si chiama tuo figlio? Bernard.

A che età sei rimasta incinta di Benard? A 15 anni.

Quando sei venuta a conoscenza della disabilità di tuo figlio? A sei mesi ha iniziato ad avere molti problemi.

Quando hai accettato che lui fosse un bambino speciale? Quando lui aveva 13 anni.

Ricevi o hai ricevuto supporto dalla tua famiglia? Si. La mia famiglia mi aiuta molto. In particolare mia sorella che si prende cura di Bernard mentre io lavoro.

Come Call Africa riesce a starti vicino? Indubbiamente attraverso il lavoro e il supporto nutrizionale.

Prima di Bernard avevi mai sentito parlare di disabilità? No. Non avevo nessuna idea.

Pensi che nella tua comunità lo stigma della disabilità sia ancora molto diffuso? Sì, molto diffuso. Le persone non si informano e non hanno conoscenze sulla tematica.

Asante sana!

Queste sono le parole di tre donne che sto affiancando da sette mesi nella mia esperienza di servizio civile. Tre donne diverse ma con una storia, che seppur diversa, le accomuna. Tutte e tre hanno o hanno avuto un bambino disabile. Nonostante passi avanti nel contesto locale della baraccopoli, la disabilità continua ad essere un tabù e un tema spesso difficile da affrontare come anche le mamme ribadiscono. “Non tutti hanno informazione in merito e la disabilità continua ad essere uno stigma e un problema”. Indubbiamente queste donne sono state anche accomunate dalla difficoltà nell’accettare i bisogni speciali dei propri figli. Guardando le risposte hanno accettato la disabilità molto tardi. Tuttavia con il tempo c’è stato un grande cambiamento. Di grande successo è stato l’impatto dell’operato dell’associazione nel contesto in cui opera ormai da anni sul tema della disabilità. Call Africa cerca di stare vicino alle famiglie della baraccopoli come le mamme nelle interviste dicono. Attraverso il centro di riabilitazione, attraverso il supporto nutrizionale e attraverso l’impiego, l’associazione mira a non lasciare sole queste donne che spesso non hanno aiuto né dalla famiglia né dalla comunità. Ad oggi l’associazione ha impiegato nello staff locale 5 mamme con figli disabili.

 Valentina Cerbone, volontaria in servizio civile in Kenya

 

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